Le Sezioni Unite, sollecitate dall’ordinanza n. 13526 del 13 giugno 2014 della Seconda Sezione, hanno preso posizione sul problema della disciplina applicabile alla ipotesi in cui da un lastrico solare di proprietà individuale si propaghino infiltrazioni che ammalorino l’appartamento sottostante.
Esattamente, a nostro avviso, si è ritenuto che la fattispecie vada ricondotta sotto l’egida dell’art. 2051 c.c., ma non si è affatto escluso che le regole proprie della materia condominiale possano trovare nel contempo applicazione. Sicché è stato fissato un principio di diritto così (testualmente) formulato «in tema di condominio negli edifici, allorquando l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), in quanto custode del bene ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell’intero edificio, o di parte di esso, propria del lastrico solare (o della terrazza a livello), ancorché di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, primo comma, n. 4, cod. civ.) e all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, primo comma, n. 4, cod. civ.). Il concorso di tali responsabilità, salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all’uno o all’altro, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1126 cod. civ., il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio».
L’applicazione dell’art. 2051 c.c. alla ipotesi che ci occupa è del tutto condivisibile e trova ineccepibile fondamento nella considerazione della posizione del soggetto danneggiato: quest’ultimo, anche se condomino, appare pur sempre punto di riferimento di un interesse estrinseco rispetto a quello riconducibile al condominio ed ai rapporti tra i condomini ed è per questo tutelato attraverso la regola del neminem laedere. Sul punto riteniamo dunque possibile ribadire, confortati oggi dall’autorevole opinione manifestata dalle S.U., che “Nel caso in cui (invece) dalla parte comune derivi un pregiudizio ad uno dei condomini, portatore perciò di un interesse del tutto estraneo al rapporto condominiale o che in questo trova mera occasione (quale è certamente quello che sta a base della pretesa al risarcimento del danno da infiltrazioni), il condomino va senz’altro parificato al terzo, perché la qualità di partecipante al condominio rimane sullo sfondo, come ininfluente. In altre parole, e volendo semplificare all’ingrosso, il condomino si trova in quest’ultima ipotesi nella medesima condizione del passante che venga colpito da un cornicione staccatosi dal prospetto condominiale o del proprietario dell’autovettura in sosta che da quest’ultimo accadimento abbia a subire danni al proprio bene” [AMAGLIANI, Il danno arrecato dal lastrico solare tra responsabilità ex art. 2051 c. c., obbligazioni propter rem e riparto delle spese ex art. 1126 c. c. (a proposito di una recente ordinanza di rimessione alle sezioni unite), in Dir.civ. cont. 4 luglio 2014].
Meno convincenti – e sostanzialmente contraddittori – ci appaiono invece alcuni corollari che la decisione in commento trae da tale pur esatta premessa.
In particolare non è a nostro avviso meritevole di consenso senza riserve l’affermazione secondo cui, premessa l’applicabilità dell’art. 2055 c. c., <<il danneggiato (potrebbe) agire nei confronti del singolo condomino, sia pure nei limiti della quota imputabile al condominio>>. Tale tesi viene argomentata sulla scorta delle statuizioni di Cass. n. 1674 del 2015, secondo cui <<dovrebbero individuarsi nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili, poiché la custodia, presupposta dalla struttura della responsabilità per danni prevista dall’art. 2051 cod. civ., non può essere imputata né al condominio, quale ente di sola gestione di beni comuni, né al suo amministratore, quale mandatario dei condomini>>.
Del pari discutibile è l’assunto in ragione del quale sarebbe consentito <<individuare una regola di ripartizione della responsabilità mutuata dall’art. 1126 cod. civ. In assenza di prova della riconducibilità del danno a fatto esclusivo del titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o di una parte di questo, e tenuto conto che l’esecuzione di opere di riparazione o di ricostruzione – necessarie al fine di evitare il deterioramento del lastrico o della terrazza a livello e il conseguente danno da infiltrazioni – richiede la necessaria collaborazione del primo e del condominio, il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o ricostruzione dalla citata disposizione costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e alla custodia della cosa nei termini in essa delineati, valevole anche ai fini della ripartizione del danno cagionato dalla cosa comune che, nella sua parte superficiale, sia in uso esclusivo ovvero sia di proprietà esclusiva, è comunque destinata a svolgere una funzione anche nell’interesse dell’intero edificio o della parte di questo ad essa sottostante>>.
Il dissenso riguarda proprio l’ambito di operatività assegnato, rispettivamente, agli artt. 2051, 2055 e 1126 c.c. Invero, e per un verso, una volta riportata la vicenda sottoposta al vaglio delle S.U. in seno alla norma dell’art. 2051 c.c., la tesi che attribuisce al singolo condomino la qualità di custode e quindi di responsabile solidale per il risarcimento del danno subito dal proprietario dell’immobile danneggiato, incontra a nostro avviso serie obiezioni. Così come va chiarito (e la pronuncia in rassegna invece non mette in sufficiente evidenza) il ruolo svolto dall’art. 1126 c.c., se mero criterio di ripartizione, nel rapporto interno tra i condomini, della misura della loro responsabilità ovvero disciplina speciale e derogatoria rispetto all’art. 2055 c.c., come paiono opinare le Sezioni Unite.
La responsabilità del singolo condomino ex art. 2051 c.c. è fondata, nella motivazione della sentenza in rassegna, essenzialmente su un argomento a contrario: esclusa l’imputabilità della responsabilità ex recepto al condominio e/o all’amministratore appare conseguente ritenere legittimato passivamente il singolo condomino <<nei limiti della quota imputabile al condominio>>. In limine occorre osservare, però, che l’argomento in esame si pone già in stridente contraddizione con il principio di diritto affermato dalla Corte laddove, da un lato, si è osservato che la custodia del bene (lastrico solare) è da attribuirsi al condomino proprietario o usuario esclusivo e, dall’altro, che la funzione di copertura svolta appunto dal lastrico solare <<impone all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, primo comma, n. 4, cod. civ.) e all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, primo comma, n. 4, cod. civ.)>>. Pur se non è stato detto espressamente, il titolo della responsabilità ascritta al condomino, proprietario o usuario esclusivo del lastrico solare, ed al condominio non può che essere il medesimo, cioè l’art. 2051 c. c. E tuttavia, nonostante (ed in contrasto a) tale necessaria constatazione, la conclusione attinta dalla S. C. è diversa.
Invero, a stare alla motivazione adottata nella decisione in esame, pur se si deve ammettere che il condominio costituisce “interfaccia idoneo a rendere il danneggiato terzo rispetto ai condomini”, non ci si può discostare dalla considerazione che si tratta “pur sempre ente di sola gestione”. Pertanto deve ritenersi che solo i singoli condomini “possono considerarsi investiti del governo della cosa in base ad una disponibilità di fatto sulla cosa ed a un potere di diritto che deriva loro dalla proprietà piena sui beni comuni sulla cosa che deriva ex art. 1117 c. c.” (così Cass. 29.1.2015 n. 1674). Quest’ultimo assunto costituisce, per un verso, il frutto di una qualificazione del condominio, quale ente di gestione, che ormai, anche dinnanzi alla disciplina della riforma, mostra tutta la sua inadeguatezza; per un altro poggia su di una sorta di mistificazione, e cioè l’attribuzione al singolo partecipante al condominio di un “potere di governo sulla cosa” che certamente non gli compete, dal momento che le stesse S. U. constatano come spetti <<all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, primo comma, n. 4, cod. civ.) e all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, primo comma, n. 4, cod. civ.)>>.
A non dire delle conseguenze aberranti alle quali conduce (la statuizione del)l’affermata responsabilità del singolo condomino ex art. 2051 c. c. ove letta in combinato disposto con la richiamata regola della responsabilità solidale di cui all’art. 2055 c. c., nella misura in cui, ad esempio, si finisce inevitabilmente per determinare il coinvolgimento anche del condomino favorevole all’esecuzione dei lavori di manutenzione al lastrico solare. Né può essere trascurato che la dichiarata legittimazione passiva (ove diretta ed esclusiva) del singolo condomino in un giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno da infiltrazioni provenienti dal lastrico solare rende necessario giustificare la deroga alla disciplina di cui alla norma dell’art. 1131 cpv. c.c. ove viene affermata la legittimazione passiva generale dell’amministratore.
Ma l’argomento a nostro avviso decisivo per negare il postulato governo sulle parti comuni in capo al singolo condomino deriva dall’art. 1134 c.c. che, come è noto, impone di ritenere del tutto eccezionale e residua la iniziativa da quest’ultimo adottata senza l’autorizzazione dell’amministratore o del condominio.
Non meno censurabile è, a nostro avviso, l’utilizzazione dell’art. 1126 proposta dalle S.S.U.U. nella decisione in commento. Una volta ricondotta la vicenda nell’ambito della disciplina della responsabilità civile ed ammessa così, seppure nei termini non del tutto condivisibili che si sono appena evidenziati, l’applicabilità dell’art. 2055 c.c., non è ben chiaro quale sia il collegamento (che è possibile instaurare) con il criterio di ripartizione della spesa individuato dall’art. 1126 c.c. E ciò nella misura in cui la prima disposizione è chiaramente intesa ad apprestare una modalità di allocazione del danno, la seconda provvede invece in ordine ad un rapporto tra i titolari di una obbligazione propter rem. E tuttavia non sembra che nella pronuncia qui annotata l’art. 1126 cit. venga considerata una regola da invocare esclusivamente nei rapporti interni tra i condomini, quanto piuttosto disciplina idonea ad identificare il quantum del risarcimento a cui è tenuto ciascuno dei soggetti a cui può essere ascritta la responsabilità che ex art. 2051 c.c. nell’ipotesi specifica del danno da lastrico solare in proprietà od in uso esclusivo di uno dei condomini. Si crea così una commistione tra due piani, quello della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale che se non stupisce affatto, occorre dirlo chiaramente, fa rientrare dalla finestra quello che era stato fatto uscire dalla porta, e cioè l’applicazione alla specie dell’art. 1126 c.c.
Ove si voglia operare, al di là di un commento ad una prima lettura in cui certamente si sostanziano le considerazioni sin qui svolte, una riflessione più generale sarà il caso di segnalare due profili che emergono con chiarezza dalla sentenza che qui si annota. La prima attiene la qualificazione del condominio come ente di mera gestione che, seppure ancora assai accreditata in giurisprudenza, si rivela ben poco significativa e non consente più di dare soluzione coerente a molti dei problemi che la prassi offre. La seconda, connessa a quella appena formulata, riguarda la materia del condominio negli edifici che, avuto riguardo pure ai formanti dottrinari e giurisprudenziali, mostra chiare e sempre più significative interferenze tra regime dell’appartenenza e regole del coabitare sì da attingere ad un grado di specialità tale da rendere non agevole il coordinamento con le categorie e gli istituti generali.