Il lavoro giornalistico è di regola un rapporto di lavoro subordinato con aziende editrici di quotidiani o periodici (ivi comprese le emittenti televisive) o con agenzie d’informazione per la stampa. Limitatamente ai giornalisti professionisti, per l’esercizio di tale attività è indispensabile, a pena di nullità del contratto di lavoro, l’appartenenza all’Ordine Professionale dei Giornalisti, per la cui iscrizione sono necessari una serie di requisiti, come stabilito dalla legge del 3 febbraio 1963, n. 69 – Regolamento per l’esecuzione della Legge n. 69/63 (D.P.R. 4 febbraio 1965, n. 115 – D.P.R. 3 maggio 1972, n. 212 – D.P.R. 21 settembre 1993, n. 384), in particolare all’Art. 29 (Iscrizione nell’Elenco dei professionisti) della legge 69 del 63 “Per l’iscrizione nell’Elenco dei professionisti sono richiesti: l’età non inferiore agli anni 21, l’iscrizione nel registro dei Praticanti, l’esercizio continuativo della pratica giornalistica per almeno 18 mesi, il possesso dei requisiti di cui all’art. 31, e l’esito favorevole della prova di idoneità professionale di cui all’art. 32.
L’iscrizione è deliberata dal competente Consiglio Regionale o Interregionale entro 60 giorni dalla presentazione della domanda. Decorso tale termine inutilmente il richiedente può ricorrere entro 30 giorni al Consiglio nazionale che decide sulla domanda di iscrizione”.
I principi introdotti dalla legge n. 69/63 prevedono, da un lato, un particolare regime d’accesso e di svolgimento dell’attività giornalistica; dall’altro la configurazione strutturale dell’Ordine Professionale, con l’attribuzione dei poteri di amministrazione attiva, contenziosa, etc., ai suoi organismi di articolazione.
La disciplina sull’attività prevede
a) l’obbligo di appartenenza all’Ordine per chi voglia assumere il titolo ed esercitare la professione di giornalista;
b) la definizione dei diritti e dei doveri inerenti allo status di giornalista e la corrispondente previsione dei poteri disciplinari e delle sanzioni, quali l’avvertimento, la censura, la sospensione dall’esercizio professionale e la radiazione dall’Albo;
c) la suddivisione dei giornalisti che svolgano l’attività in forma professionale in due categorie: quella dei “Professionisti” e quella dei “Pubblicisti”: la prima, composta da coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione giornalistica; la seconda, da coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se contestualmente ad altre professioni o impieghi. A tale distinzione corrisponde la suddivisione dell’Albo in due elenchi;
d) la previsione e la disciplina della “Pratica giornalistica”, il cui svolgimento, per almeno 18 mesi di tempo, è posto come condizione per l’accesso all’elenco dei “Professionisti” e la corrispondente istituzione di un apposito Registro dei praticanti;
e) la previsione di una speciale prova di idoneità professionale;
f) l’istituzione di elenchi speciali per i giornalisti stranieri, e per i direttori di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico.
La disciplina “strutturale”, cioè l’autogoverno, si realizza invece attraverso l’articolazione dell’Ordine in due gradi di organi: il primo, costituito dai Consigli Regionali o Interregionali, eletti su base territoriale dagli iscritti; il secondo, costituito dal Consiglio Nazionale dell’Ordine, formato da membri eletti in sede regionale, ed avente la peculiare funzione di decidere sui ricorsi proposti contro le deliberazioni dei Consigli Regionali.
La caratteristica del lavoro giornalistico è ovviamente la natura prettamente intellettuale della prestazione e della stessa impresa editoriale, per la cui cosa il vincolo di subordinazione può presentarsi più attenuato rispetto ad altre prestazioni lavorative, in ragione dei notevoli margini di autonomia e discrezionalità riconosciuti al prestatore nella scelta e nella diffusione delle notizie.
Va sottolineato che, a tal riguardo, il Contratto Collettivo di Categoria riconosce al giornalista una particolare forma di tutela circa la sua dignità professionale e morale nell’ipotesi di mutamento dell’indirizzo politico del giornale, attraverso la previsione di un motivo legittimo di dimissioni, o meglio di recesso per giusta causa, senza perdere i benefici economici e la particolare indennità, altrimenti riconosciuta solo nel caso di licenziamento per colpa dell’editore.