La cessione del quinto dello stipendio, rappresenta una delle più diffuse formule di finanziamento per chi detiene un contratto di lavoro dipendente, solitamente a tempo indeterminato. Infatti il prestito viene finanziato previa dimostrazione della capacità di far fronte alle passività contratte, mettendo a totale copertura del debito sottoscritto, una parte del proprio stipendio.
Come prevede la nuova normativa per il credito al consumo, il dipendente avvisato il datore di lavoro, può imputare al pagamento della rata passiva fino al quinto dello stipendio (20%). Resta in carico poi al datore di lavoro dare seguito al pagamento della rata del proprio dipendente.
Per quanto riguarda la cessione del quinto, con particolare riferimento alla normativa, viene disciplinata dall’articolo 1260 del Codice Civile (che attribuisce espressamente a chi vanta un credito la facoltà di cederlo a terzi a titolo oneroso o gratuito) e regolata dal DPR numero 180 del 5 gennaio 1950 e dal regolamento attuativo DPR numero 895 del 28 luglio 1950.
Le leggi 311/2005 e 80/2005 hanno quindi integrato il summenzionato DPR 180 prevedendo, in particolare, il diritto alla cessione del quinto per i dipendenti delle aziende private e per i pensionati.
In particolare la normativa della cessione del quinto prevede che l’ammontare massimo della quota parte dello stipendio possa eccedere il tradizionale 20% ad esclusiva discrezionalità del datore di lavoro, per un massimo del 40% dello stipendio netto.
Infine per quanto riguarda la durata, essa è fino ad un massimo di 120 mesi, mentre di contro la minima abitualmente non è mai inferiore ai 24 mesi. Il termine massimo della durata non può eccedere il termine del rapporto di lavoro e il pensionamento, tranne che nei dipendenti ministeriali, i quali possono decidere se estinguere il debito o traslarlo sulla pensione