Una lettera di diffida per demansionamento è un documento formale inviato da un lavoratore all’azienda in cui lavora, al fine di contestare un’azione di demansionamento. Il demansionamento si verifica quando un datore di lavoro sposta un dipendente da una posizione lavorativa superiore o di responsabilità a una posizione inferiore.
Indice
Come scrivere una Lettera di diffida per demansionamento
La diffida che il lavoratore invia per contestare un demansionamento ha la funzione di trasformare un disagio professionale in un atto giuridico capace di attivare rimedi rapidi e, soprattutto, di mettere il datore di lavoro di fronte alle proprie responsabilità sin dal primo momento utile. Il suo fondamento normativo risiede nell’articolo 2103 del Codice civile, riscritto dal decreto legislativo 81/2015, che vieta l’assegnazione a mansioni inferiori se non nei casi eccezionali e tipizzati di modifica degli assetti organizzativi, imponendo in ogni caso la salvaguardia del livello di inquadramento e della retribuzione.
Una volta che il lavoratore viene adibito a compiti qualitativamente o quantitativamente ridotti, la diffida serve a tre scopi: costituisce in mora il datore e fa decorrere gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle differenze retributive pretendibili; interrompe la prescrizione quinquennale dei crediti professionali, scoraggiando eventuali eccezioni di decadenza; documenta formalmente l’evento lesivo, rendendo poi più agevole chiedere in giudizio la reintegra nelle mansioni e il risarcimento del danno. La Corte di cassazione ha di recente ribadito, con la sentenza 29101/2023, che tale danno non si presume ma deve essere allegato e provato nelle sue componenti patrimoniali e non patrimoniali, potendo derivare anche da singoli episodi di “straining” se l’ambiente di lavoro diventa stressogeno. Anticipare nella diffida la richiesta di ristoro, chiarendo quali pregiudizi si stanno accumulando (perdita di chance di carriera, mortificazione delle competenze, sofferenza psico‑fisica), consente di circoscrivere il thema decidendum e di ridurre i tempi probatori in giudizio.
Sul piano pratico la diffida deve recapitare alla controparte quattro messaggi essenziali: la descrizione analitica delle mansioni precedenti e di quelle attuali, il richiamo espresso alla violazione di legge e di contratto collettivo, il termine ragionevole entro cui ripristinare la posizione originaria e saldare le differenze, l’avvertimento che in mancanza verranno adite l’autorità giudiziaria e, se necessario, richiesti provvedimenti cautelari d’urgenza ex articolo 700 c.p.c. Il rispetto di queste scansioni rende difficile sostenere che la contestazione sia generica o intempestiva e, nella successiva fase giudiziale, colloca il datore di lavoro nell’onere di dimostrare la legittimità organizzativa dello jus variandi.
Se la diffida rimane senza esito, il tribunale del lavoro può essere investito con un ricorso ordinario, nel quale si domandano contestualmente la declaratoria di illegittimità dell’assegnazione, la reintegra e il risarcimento, oppure con un’azione cautelare volta a ottenere un provvedimento temporaneo di reintegra quando il pregiudizio professionale rischia di diventare irreversibile. In questa seconda ipotesi l’atto di diffida offre la base documentale per dimostrare la sussistenza del fumus boni iuris e dell’urgenza.
Da ultimo, la diffida assolve anche a una funzione di prevenzione: in molti casi la sola prospettazione del rischio di condanna per danno professionale induce il datore a riallineare le mansioni o a proporre un accordo conciliativo, così da evitare che il contenzioso sfoci in un accertamento giudiziale destinato a riflettersi negativamente sul clima aziendale e sulla reputazione dell’impresa. In tutte le sue dimensioni – interruttiva, probatoria, deterrente – essa si rivela quindi il primo e imprescindibile passo per trasformare l’illegittimo demansionamento da fatto di gestione aziendale a violazione di legge suscettibile di tutela piena ed effettiva.
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Esempio di Lettera di diffida per demansionamento
Oggetto: Diffida e costituzione in mora per illegittimo demansionamento ex art. 2103 c.c.
Spett.le [Denominazione dell’azienda]
c.a. Direzione Risorse Umane / Legale Rappresentante
Il/La sottoscritto/a [Nome Cognome], nato/a a [luogo] il [dd/mm/aaaa], residente in [indirizzo], C.F. [●], assunto/a con contratto di lavoro subordinato a tempo [indeterminato/determinato] in data [dd/mm/aaaa] e inquadrato/a al livello [•] del CCNL [•], espone quanto segue.
A far data dal [dd/mm/aaaa] la S.V. mi ha assegnato mansioni di [descrizione sintetica delle nuove attività] che, per contenuto professionale, responsabilità e autonomia, risultano inferiori a quelle svolte sino a tale momento ([descrizione delle mansioni originarie]). Tale modifica ha comportato anche una sostanziale riduzione di prospettive di carriera e un depauperamento delle competenze maturate, in violazione dell’articolo 2103 del Codice civile – come novellato dal d.lgs. 81/2015 – e delle previsioni contrattuali collettive che impongono l’adibizione a mansioni equivalenti rispetto al profilo originario, ovvero superiori in caso di accresciuta professionalità.
Con la presente La diffido a revocare immediatamente l’illegittimo demansionamento, reintegrandomi entro e non oltre cinque (5) giorni dal ricevimento della presente nella posizione, nelle funzioni e nel livello retributivo precedentemente ricoperti, e a corrispondermi, entro lo stesso termine, le differenze retributive maturate dal [inizio del demansionamento] ad oggi, maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria ai sensi dell’articolo 429, comma 3, c.p.c.
Qualora non adempia integralmente a quanto sopra, La riterrò responsabile del danno professionale, biologico e d’immagine derivante dal persistente demansionamento e mi riservo di adire senza ulteriore preavviso il Tribunale del Lavoro competente per chiedere:
– la declaratoria di illegittimità del provvedimento e la condanna alla reintegra nelle mansioni originarie o equivalenti;
– il risarcimento di tutti i pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali subiti, oltre alle spese di lite;
– la tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c. qualora la situazione lavorativa renda necessario un provvedimento cautelare.
La presente è notificata via PEC/raccomandata con avviso di ricevimento e vale quale messa in mora ai sensi dell’articolo 1219 c.c., nonché come formale diffida ad adempiere ai sensi dell’articolo 1454 c.c. Resta interrotto il termine di prescrizione quinquennale sui crediti retributivi connessi alla vicenda.
Confidando in un sollecito e favorevole riscontro, porgo distinti saluti.
[Luogo], [Data]
[Firma autografa o digitale]
[Nome Cognome]